venerdì 12 aprile 2013

Le buone notizie come prospettiva di cambiamento



Quando la normalità è data dal male, il bene diventa notizia.

Così si conclude l'articolo Su Internet gli eroi nascosti delle buone notizie di Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera di oggi, che annuncia la nascita di una nuova rubrica su Corriere.it marcata dall'hashtag #Buonenotizie.

L'obiettivo del Corriere è quello di raccogliere il maggior numero di notizie positive per portare un messaggio positivo, cercando di dare meno spazio agli esempi negativi per accenturare invece il valore delle buone pratiche. Schiavi infatti sottolinea che:
Ci sono in Italia ogni giorno tanti esempi di altruismo e generosità che non compaiono nelle cronache dei giornali o nei siti web: nel mare della crisi si legge soprattutto di drammi e di buchi di bilancio. Abbiamo bisogno di fiducia e di riconoscerci in qualcosa che dia qualche speranza: oltre al buio c'è anche qualche luce. 
Questa iniziativa è indubbiamente condivisibile, anche perché da quando, per lavoro, passo ogni mattina a leggere più giornali, mi ritrovo già verso le 10 con uno spirito adombrato dall'ansia per la crisi economica e la decadenza politica che-se-va-avanti-così-finiremo-come-la-Grecia, dall'angoscia legata alle notizie di cronaca che parlano sempre di omicidi, suicidi, incidenti, drammi e tragedie... e dalla depressione dovuta alla consapevolezza sempre più crescente che la cultura, l'arte e qualunque cosa bella ha sempre meno spazio nelle menti e nei cuori di chi abita in questo Paese.

In sostanza, l'eco di una buona notizia o di una bella iniziativa è come aria fresca nella fitta oscurità che pervade l'informazione giornalistica, dove alla croncana nera si sostituisce troppo spesso la cronaca rosa piuttosto che una notizia positiva.

Vero è che questa decisione presa dal Corriere risveglia in me uno dei ricordi legati al mio attivismo in AmnestyEDU, sezione di Amnesty International, a Milano. In una scuola media avevamo trovato un gruppo di allievi molto promettenti e una professoressa che si era lasciata coinvolgere molto dalla nostra attività. Concluso l'incontro con l'ultimo laboratorio avevo preso in disparte la professoressa e le avevo regalato la mia copia (stampata malamente ma almeno ecofriendly) del testo Attività introduttive e giochi di ruolo all'interno del Percorso didattico contro la discriminazione pensato proprio per la scuola secondaria di primo grado. Le avevo consigliato alcuni laboratori e in particolare il quarto e ultimo laboratorio della sezione Sviluppare l'empatia, che, guarda caso, si chiama proprio Buone notizie. Lo riporto di seguito:
I giornali sono soliti enfatizzare notizie di crimini, ingiustizie e altri fatti che ci creano la
sensazione desolante di un mondo in cui nessuno si interessa o si cura degli altri. Questa
attività vuole far capire ai ragazzi che esistono modi diversi di relazionare con gli altri e una
società in cui “io mi prendo cura” è possibile.
Tempo: 30 minuti
Materiali: Articoli di giornale; Cartellone
Preparazione: La preparazione richiede un impegno di parecchie settimane. I ragazzi dovranno infatti raccogliere articoli da giornali o on-line in cui si raccontino buone notizie: es. il ritrovamento e larestituzione di oggetti di valore, l’impegno di singoli o di associazioni per il proprio quartiere,la propria città ecc.

Svolgimento:
1. I ragazzi incollano su un cartellone da appendere in classe gli articoli che hanno raccolto.
2. Gli articoli sono letti e commentati. Si apre poi una discussione aiutandosi con le domande che seguono:
a. Chi sono i protagonisti degli articoli?
b. È possibile o è difficile agire come loro? Perché?
3. I ragazzi possono continuare a raccogliere le “buone notizie” e riferirle di tanto in tanto ai
compagni
Ancora oggi mi chiedo se quella professoressa abbia seguito il mio suggerimento e iniziato un percorso di questo tipo con i suoi allievi rappresentando, insieme a molte altre, una di quelle buone pratiche che il Corriere potrebbe raccontare nella sua nuova rubrica.

Non sapendo effettivamente come sia andata, mi piace pensare che la professoressa lo abbia fatto.

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