martedì 19 febbraio 2013

Abito da sposa: il mio ricordo di Pippa Bacca



Non sono mai stata quel tipo di ragazza che sin da quando era piccola immagina il giorno del proprio matrimonio, sognando l'abito fantastico che indosserei, l'uomo perfetto pronto a legarsi a me per sempre o dove fare la lista di nozze. Tutt'al più oggi mi faccio qualche risata guardando quei programmi-reality dedicati alle spose super esigenti, le damigelle litigiose e i futuri mariti pressoché inesistenti.

Nella mia vita c'è solo un abito da sposa che mi è veramente rimasto impresso nella memoria, come se fosse scolpito nel granito. Sto parlando dell'abito di Pippa Bacca (Giuseppina Pasqualino di Marineo), artista milanese brutalmente assassinata dopo essere stata violentata il 20 marzo del 2008 in Turchia, proprio mentre indossava un abito da sposa.

Ricordo ancora quando diedero la notizia al telegiornale. Ammetto che, purtroppo, non la conoscevo come artista prima di quel tragico evento. Raccontarono che stava compiendo una performance artistica dal nome Spose in viaggio, che prevedeva di attraversare 11 Paesi in guerra in autostop vestita con un abito da sposa bianco per trasmettere un messaggio di pace. Dopo aver attraverato Slovenia, Croazia, Bosnia e Bulgaria, il suo viaggio, iniziato insieme a Silvia Moro, si è concluso in Turchia.

A casa la notizia di quella morte fu accolta con stupore, ma piuttosto freddamente. I commenti furono cinici: "Cosa si aspettava, di attraversare la Turchia in autostop e uscirne indenne?". Io non ero d'accordo: "E perché no?", mi ricordo di aver pensato.

Ma, purtroppo, alle volte la realtà non fa altro che verificare i pronostici negativi: e anche se Pippa Bacca era un'artista che stava compiendo un viaggio itinerante di speranza e fiducia vestita da sposa, ciò non toglie che fosse comunque una donna sola che chiedeva passaggi a sconosciuti in Turchia.

A noi donne hanno insegnato sin da ragazzine che certe cose non si possono fare, perché corriamo molti rischi in quanto donne e quindi non possiamo muoverci sempre e ovunque come vogliamo, e se lo facciamo, beh, dobbiamo mettere in conto che ci accadrà presumibilmente qualcosa di terribile. Quello che è successo a Pippa Bacca in una certa misura lo conferma, ma d'altra parte lo smentisce anche.

Il coraggio dimostrato da Pippa Bacca, il suo desiderio di portare un messaggio positivo e di pace in paesi teatro di guerra, ha riportato in vita un dibattito sul ruolo della donna che in Turchia viene spesso silenziato dai forti progressi economici di un Paese in crescita e che, sin dai tempi di Atatürk, si è nettamente distinto dalla storia degli altri paesi di matrice araba e musulmana.

Pippa Bacca ha intrapreso un percorso pericoloso che purtroppo è finito in tragedia, ma ha rischiato anche per tutte le donne che ogni istante in ogni parte del mondo sono sottomesse alla brutalità di uomini violenti e senza cuore. Il suo messaggio di pace e fiducia nel mondo, anche se percorso dalla guerra e dalla violenza, ha attraversato la sua morte e giunge a noi oggi come una speranza per un futuro diverso e migliore. 

L'unico modo per non perdere memoria di questa speranza è continuare a vivificare il ricordo. Una scelta che hanno fatto le donne di Natura Donna Impresa verso Expo 2015, che a quasi 5 anni dalla scomparsa di Pippa Bacca, hanno organizzato una Non sfilata di donne in abito da sposa che venerdì 22 febbraio a Milano renderà omaggio all'artista e al suo ultimo grande viaggio. E sapete qual è la cosa più bella di questo evento? Che possiamo partecipare tutte e, anche se non corriamo alcun rischio così come Pippa Bacca, rendere omaggio alla sua vita, piuttosto che al tragico ricordo della sua morte.

giovedì 14 febbraio 2013

San Valentino: c'è davvero bisogno di un giorno programmato per amarsi?



Devo ammettere che non sono mai stata una grande fan delle ricorrenze imposte, se non fosse che spesso, perlomeno, coincidono con le vacanze. Quando si avvicina il Natale, per esempio, nel momento in cui vedo come la città si riempie di lucine sin da ottobre trasformandosi in una sorta di paccottiglia colorata e iridescente, mi sale un nervoso che metà basta. Per non parlare dei triti e ritriti film di Natale pieni di di cliché scadenti che hanno solo l'obiettivo di alimentare il consumismo attorno a un evento che sembra aver perso la sua valenza religiosa in favore di un buonismo ipocrita .

Per motivi più o meno simili non sono un'estimatrice nemmeno di San Valentino, e questo sin dal giorno in cui alle elementari i bambini più grandi mi insegnarono il noto ritornello: "San Valentino, la festa di ogni cretino che invece di essere amato viene soltanto fregato". Anche se ai tempi non ne comprendevo il vero senso, era una filastrocca che mi faceva ridere. Più avanti è solo diventato un banale Leitmotiv di richiamo annuale che aiutava a porre l'accento sulla mia indifferenza verso una festa che mi ha sempre messo tristezza. Quello che mi indisponeva verso San Valentino è che mi è sempre venuto spontaneo domandarmi: c'è davvero bisogno di un giorno programmato per amarsi, farsi magari un regalo o uscire a cena o fare altro per spezzare la routine?

Per anni, quindi, ho pensato che San Valentino sostanzialmente fosse una ricorrenza inutile e mi sono sempre più vista come una persona da San Faustino, non tanto perché è la festa dei single (che poi, a dirla tutta, è la festa dei non ancora innamorati), ma più che altro perché essendo bresciana è sicuramente un giorno più divertente: innanzitutto perché è vacanza, in secondo luogo perché c'è la fiera, un bagno di folla e ninnoli che amo profondamente.

La verità è però che poi la vita molto spesso ti porta a cambiare prospettiva e modo di vedere le cose, spesso anche quasi senza riuscire ad accorgersene subito. Per quanto riguarda me, mi sono resa conto che da quando sto con una persona davvero speciale, che mi ha fatto imparare cosa significhi amare (di certo non semplici bigliettini a forma di cuore e mazzi di rose, anche se, di certo, non si disdegnano mai), il mio modo di vedere San Valentino e ricorrenze simili è cambiato completamente.

Me ne sono resa conto nel mio ultimo viaggio a Parigi in cui sono andata a trovare il mio bello che ormai vive e lavora lì (eh sì, lui è proprio un ottimo esempio di cervello in fuga) durante una chiacchierata con il suo coinquilino francese. Ero salita nella città della luce anche per festeggiare il nostro quarto anniversario e il suddetto coinquilino non riusciva a capire che senso avesse uscire a cena per tale occasione o farsi addirittura dei regali, perché alla fine ci si ama sempre tutti i giorni e non servono momenti definiti per stare insieme. Insomma, ha posto le stesse obiezioni che pongo io di solito di fronte a ricorrenze come San Valentino. La cosa che a questo punto mi ha fatto capire il mio cambiamento è che di fronte a un discorso simile invece di dargli ragione ho sostenuto il valore della ricorrenza. 

La ricorrenza, che venga da fuori o che abbia origine dal proprio vissuto, infatti, non è nient'altro che una scusa per stare insieme. Una scusa per farsi un regalo una volta di più, per spendere un po' di soldi per uscire a cena (non siamo tutti milionari del resto), per coccolarsi in due e festeggiare il proprio amarsi dedicandosi del tempo ripulito da tutte le difficoltà del quotidiano, qualunque esse siano.


Ci sono periodi in cui non si fa altro che correre dietro agli impegni rischiando di venire risucchiati nel marasma del tran tran quotidiano e se in tutto questo l’amore di un’altra persona è un grande sostengo, è anche giusto che all’amore stesso venga dedicata una festa ad hoc. In questa prospettiva una ricorrenza come San Valentino non è tanto importante perché si deve ricevere un regalo o andare fuori a cena, ma perché è una scusa per prendersi veramente una pausa dal mondo e stare semplicemente insieme dedicandosi all'amore che si prova l'uno per l'altra, magari anche solo con una bottiglia di vino e ancora tanta voglia di ascoltarsi l'un l'altro o, semplicemente, di tenersi per mano.