venerdì 14 dicembre 2012

Cielo da neve


Adeline guardò il cielo, nell'uscire da lavoro, e pensò che fosse un "cielo da neve": nuvole di un colore più chiaro, quasi giallo, rispetto alle sere in cui sono cariche di pioggia. Il cielo le dava un'impressione di pienezza quasi surreale, come se si potesse toccare con mano.

Sì, che quello fosse un cielo da neve era incontestabile.

Poi un pensiero si era fatto strada dai meandri del suo cervello, manifestandosi come una domanda: "Da quando ci siamo abituati a pensare che sia normale che il cielo rannuvolato la notte sia giallo o arancione?".

Adeline alzò gli occhi al cielo e spostando l'ombrellino dalla sua vista osservò con attenzione le striature giallastre delle nuvole che riflettevano le luci della città.

Forse il momento in cui tutto era cominciato se lo ricordava, anche se in qualche modo era sfuocato, lontano negli anni.

Quando era piccola il cielo di notte era sempre blu scuro, se lo rammentava bene, anche perché quando le sere di pioggia avevano incominciato a diventare più chiare lo aveva notato e aveva chiesto perché. Le avevano risposto che si trattava di inquinamento. Le particelle di smog e quant'altro sono leggere a sufficienza per salire verso l'altro, ma, dato che sono più spesse del vapore acqueo, riflettono i colori.

Da allora dal cielo Adeline non ha più visto cadere semplici pioggia o neve con cui bagnarsi i vestiti e le labbra, ma particelle di inquinamento che dall'alto di dove erano arrivate ricadevano verso la loro origine terrestre. 

All'inizio l'idea la sconcertava, poi vi si era abituata fino a non farci più caso, come se fosse normale dover andare in luoghi senza fabbriche e senza città per gustarsi una notte nera in serate di pioggia, come se fosse normale non poter più allungare la lingua per assaggiare la neve, come se fosse normale struccarsi la sera e trovare oltre al trucco il nero dello smog sulla pelle.

Adeline abbassò lo sguardo e l'ombrello, pensò che l'abitudine è una brutta bestia e proseguì per la sua strada.

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