venerdì 6 gennaio 2012

Vivere la traccia come compimento


Una cultura secolarizzata non è una cultura che si è semplicemente lasciata alle spalle i contenuti religiosi della tradizione, ma che continua a viverli come tracce, modelli nascosti e distorti, ma profondamente presenti.

Gianni Vattimo

Non è mai possibile lasciarsi completamente alle spalle un determinato modo di vedere le cose, rimane sempre un residuo del passato, foss'anche come un aspetto esistenziale che si vuole rimuovere. All'uomo non è dato di essere una tabula rasa, perché un pregiudizio o una tradizione - come direbbe Gadamer - sono sempre presenti a fornire una prospettiva di partenza.
Il superamento degli aspetti religiosi è per questo motivo altrettanto complesso quanto quello di quelli preconcetti che caratterizzano ogni uomo. Rimane sempre qualcosa di ciò che è stato, e la secolarizzazione non ha eliminato il senso del sacro che pervade l'uomo in quanto essere vivente capace di trascendendere il reale andando al di là del semplice dato di fatto.
La traccia è il segno permanente di un pregresso indimenticabile, come una cicatrice che non brucia più, ma ineliminabile. La consapevolezza del proprio mondo sta nel cogliere il senso di questi simboli che circondano e caratterizzano ogni esistenza, il cui nesso non sta in nient'altro che nello svelamento di un livello più alto di coscienza personale. 
Ecco che allora è evidente la necessità di aprire gli occhi e assecondare il flusso di vitale degli eventi secondo il senno del senso e del significato legati al proprio modo di interpretare il reale: in questo modo è possibile vivere ogni accadimento come compimento del sé.

Nessun commento:

Posta un commento